| Qualche anno fa, rincasando tardi in auto, mi imbattevo spesso nella lettura radiofonica lenta, quasi dettata, del Bollettino dei naviganti. Nulla come quella boa spenta, al largo di non so dove, avrebbe potuto evocare meglio, in me, il senso del mare.
Il mare inteso come grande spazio di fuga dove l´orizzonte diventa una linea verso la quale navigare. Per sempre.
Avrei voluto vivere tra quei marinai e condividerne il cibo, i dialoghi, i pensieri. E nel grande spazio andare...e andare, libero, come volando nell´infinito.
Lon Storm mi ha offerto questa possibilitá: raccontare la vita di bordo, quella di dodici persone che si entusiasmano, si lamentano,ridono e lavorano assieme. E lo fanno in modo vero poiché, a bordo, qualunque maschera sarebbe inutile. Sullo Storm non accade nulla di straordinario, le solite mansioni, i soliti gesti: la mensa, il ponte di comando con la radio in sottofondo, ma tutto, pur nel ripetersi ciclico dei fatti, appare sempre nuovo e carico d´interesse, poiché autentico.
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